Industria, Università e competenze: una rivoluzione umanocentrica 5.0!

“Taluni ritengono che entro dieci o venti anni al massimo miliardi di individui saranno funzionalmente superflui”

Harari nel suo volume “21 lezioni per il XXI secolo” introduce così la sua provocazione sul futuro del lavoro, apprestandosi ad affrontare un tema che lui titola “dallo sfruttamento all’irrilevanza”. Il timore è chiaro, è quello che nuove tecnologie digitali, l’IA in primo luogo, protagonista dell’industria 4.0, soppiantino le mansioni degli esseri umani, perfino quelle che richiedono l’intuizione.

A tranquillizzarci rispetto agli scenari più bui interviene di recente la Commissione Europea che prevede e si prepara per la futura rivoluzione dell’industria 5.0 in grado di riportare l’uomo al centro dei processi industriali e ridefinire le sue attività in un contesto di integrazione uomorobot. L’idea è quella di prediligere l’adozione di soluzioni che contemplino collaborazioni immersive e simbiotiche tra lavoratori umani e robot soprattutto in quei business in cui le attività e i processi attuali sono percepiti quali troppo complessi per essere automatizzati. I vantaggi includono riduzione dei costi, maggiore sicurezza, migliori condizioni di lavoro e maggiore redditività grazie a una migliore adattabilità, flessibilità e integrazione.

In questo contesto, i processi di upskilling e reskilling dei lavoratori acquisiscono un ruolo cardine. L’esigenza di competenze, è naturale, si evolve alla stessa velocità delle tecnologie. Il World Manufacturing Forum 2020 ha identificato le 10 competenze rilevanti nelle aziende future. Di queste, quattro fanno riferimento a competenze digitali, le rimanenti 6 sono di tipo trasversale, legate al pensiero creativo, imprenditoriale, flessibile e aperto. Con una maggiore automazione, alcune abilità diventano invece inevitabilmente obsolete e difficili da sviluppare ulteriormente; bisogna pertanto facilitare un riadattamento nelle qualifiche di alcuni lavoratori.

EMERGING
FIG. 1_LAVORI EMERGENTI E RILEVANTI
Fonte: WEF, 2020.
REDUNDANT
FIG. 1_LAVORI EMERGENTI E RILEVANTI
Fonte: WEF, 2020.

Nell’ottobre 2020 il WEF pubblica un report dal titolo “The future of job”. Nel report si prevede che nei prossimi 3 anni, a livello globale, l’evoluzione del mondo del lavoro determinerà la nascita di 133 milioni di nuove opportunità occupazionali, a fronte di 75 milioni di posti di lavoro destinati a scomparire. Il report del WEF fornisce una panoramica, con specifico focus sull’Italia, dei ruoli lavorativi con domanda in aumento e in diminuzione nel periodo 2020- 2025. Nei primi tre ruoli con domanda in aumento si ritrovano specialisti in AI, machine learning e IOT, e data analysts. Nei primi tre con domanda in diminuzione, impiegati per l’inserimento dati, segretari ed amministrativi, addetti alla contabilità (Fig. 1). Il report fa anche riferimento alle competenze al centro dei programmi di upskilling e reskilling aziendale in Italia; queste, in linea con l’andamento globale, risultano principalmente di tipo trasversale (Fig. 2).

FIG. 2_ COMPETENZE AL CENTRO DEI PROGRAMMI DI UPSKILLING E RESKILLING
FIG. 2_ COMPETENZE AL CENTRO DEI PROGRAMMI DI UPSKILLING E RESKILLING Fonte: WEF, 2020.

Un’analisi approfondita dei fabbisogni di competenze in Italia ci deriva inoltre dal dossier Unioncamere-ANPAL 2020. Questo stima che in Italia tra il 2019 e il 2023 lo stock di occupati possa crescere all’interno di un range che va da 374.000 e 559.000 unità. In armonia con quanto evidenziato dal WEF, le nuove professioni emergenti sono quelle del Data Scientist, Big Data Analyst, Cloud Computing Expert, Cyber Security Expert, Business Intelligence Analyst, Social Media Marketing Manager, Artificial Intelligence Systems Engineer. Le nuove tecnologie digitali non interessano solo la domanda di nuove professioni (expansion demand) ma riguardano l’intera replacement demand con il cambiamento delle competenze richieste ai nuovi entrati nelle professioni esistenti.

Il rapporto Unioncamere-ANPAL 2020 individua anche il fabbisogno atteso in termini di professioni e titoli di studio richiesti. In generale si rileva un elevato mismatch fra domanda e offerta di lavoro. Molte figure richieste risultano di difficile reperimento e il timore è che, nei prossimi anni, il cambiamento in atto nelle industrie amplifichi ulteriormente questo disallineamento. Con riferimento agli anni tra il 2019 e il 2023, a fronte di un fabbisogno medio di lavoratori laureati compreso tra 164.700 e 181.600 all’anno, ragionando da un punto di vista meramente quantitativo, solo 133.000 laureati sono in grado di soddisfarlo, con una carenza media annuale compresa tra 32.000 e 50.000 unità.

Inoltre, valutando anche la corrispondenza qualitativa, bisogna chiedersi se questi laureati hanno o avranno le caratteristiche richieste dalle imprese in termini di indirizzi di studio, competenze personali e professionali. Dal rapporto emerge che, per gli anni analizzati, è difficile colmare la possibile carenza di laureati del gruppo economico-statistico, per i quali il rapporto tra il fabbisogno e l’offerta si colloca tra 1,72 e 1,89. È una carenza di laureati che si riscontra anche per gli indirizzi di ingegneria industriale ed elettronica, giuridico, scientificomatematico- informatico-fisico, architettura e sanitario-paramedico, con rapporti che vanno da valori minimi compresi tra 1,24-1,46 e massimi compresi tra 1,37-1,62. Al tempo stesso, vi è un eccesso di offerta di laureati dell’indirizzo politico-sociale per il quale, a fronte di oltre 57.500 neolaureati il fabbisogno previsto è compreso tra 35.000 e 39.000 unità; chimicofarmaceutico e geo-biologico, per i quali i neolaureati sembrano superare il fabbisogno previsto in una misura che va da circa il 17% a circa il 27%. Una situazione di equilibrio riguarda invece l’indirizzo letterario-psicologico e quello linguistico, con valori compresi tra 1 e 1,10.

FIG. 3_FABBISOGNO E INGRESSI DI NEO-LAUREATI SUL MERCATO DEL LAVORO PER GRUPPO DI CORSI (2019-2023) – Fonte: Unioncamere-ANPAL 2020

I numeri dunque parlano e non servono particolari algoritmi per decifrarli. Il cambiamento non riguarda solo l’industria ma coinvolge anche l’università e le scelte dei giovani. Per questi è necessario interpretare esiti occupazionali e nuove tendenze e cavalcare la rivoluzione umano-centrica 5.0! Siamo pronti?

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Docente Economia e Gestione delle imprese / Università degli Studi di Catania

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