Il Diritto all’oblio oncologico e le ricadute sui contratti di lavoro.
Dal 2 gennaio 2024 è entrata in vigore la legge 7 dicembre 2023, n. 193 recante: Disposizioni per la prevenzione delle discriminazioni e la tutela dei diritti delle persone che sono state affette da malattie oncologiche. (23G00206) (GU Serie Generale n.294 del 18-12-2023) che tutela il cosiddetto diritto all’oblio oncologico, ossia il diritto delle persone guarite da una pregressa patologia di tipo oncologico di non fornire informazioni né subire indagini in merito alla propria condizione, con importanti effetti anche sulla loro condizione lavoristica.[1]
Pertanto, il Legislatore, nel recepire la normativa comunitaria, ha inteso escludere qualsiasi forma di pregiudizio o disparità di trattamento, ed ha licenziato una legge che contiene disposizioni in materia di parità di trattamento, non discriminazione e garanzia del diritto all’oblio delle persone guarite da patologie oncologiche .
Per «diritto all’oblio oncologico» si intende il diritto delle persone guarite da una patologia oncologica di non fornire informazioni né subire indagini in merito alla propria pregressa condizione patologica, nei casi di cui alla presente legge.
Per quanto di stretto interesse in questa sede si orienta l’attenzione alla disciplina della regolamentazione riservata all’accesso alle procedure concorsuali e selettive, al lavoro e alla formazione professionale; di cui all’art. 4 “Accesso alle procedure concorsuali e selettive, al lavoro e alla formazione professionale”.[2]
Recita la norma che, qualora sia previsto in tali ambiti l’accertamento di requisiti psico-fisici o concernenti lo stato di salute dei candidati, è vietato richiedere informazioni relative allo stato di salute concernenti patologie oncologiche da cui essi siano stati precedentemente affetti e il cui trattamento attivo si sia concluso, senza episodi di recidiva, da più di dieci anni.
Il periodo si riduce della metà nel caso in cui la patologia sia insorta prima del compimento del ventunesimo anno di età.
Si segnala inoltre la previsione, di estremo interesse contenuta al comma secondo dell’art. 4, in base alla quale un prossimo decreto interministeriale, adottato sentite le organizzazioni dei pazienti oncologici, potrà indicare specifiche politiche attive per assicurare, a ogni persona che sia stata affetta da una patologia oncologica, eguaglianza di opportunità nell’inserimento e nella permanenza nel lavoro, nella fruizione dei relativi servizi e nella riqualificazione dei percorsi di carriera e retributivi.
Cosa fare per ottenere il certificato?
Il cittadino interessato, già paziente oncologico, può presentare specifica istanza, eventualmente corredata dalla relativa documentazione sanitaria, a:
- una Struttura sanitaria pubblica o privata accreditata, oppure
- un Medico dipendente del Servizio Sanitario Nazionale nella disciplina attinente alla patologia oncologica di cui si chiede l’oblio, oppure
- un Medico di medicina generale oppure un Pediatra di libera scelta.
Il fac simile da utilizzare per l’istanza è riportato nel Decreto Ministeriale del 5 luglio 2024. Oltre ai dati anagrafici, è necessario fornire la documentazione medica relativa alla richiesta di oblio, utilizzando il modello appositamente previsto che è corredato anche dell’informativa relativa al trattamento ei dati personali.
L’istanza può essere presentata decorsi 10 anni dalla conclusione del trattamento attivo, senza episodi di recidiva. Possono essere previsti termini inferiori di guarigione per specifiche patologie oncologiche (Decreto Ministeriale del 22 marzo 2024).
Qualora la malattia sia insorta prima del compimento del ventunesimo anno di età, la domanda puo’ essere presentata decorsi 5 anni dalla conclusione del trattamento attivo, senza episodi di recidiva.
La certificazione viene rilasciata entro 30 giorni dalla richiesta se sussistono, a giudizio della struttura o del medico certificante, i presupposti temporali (decennali o quinquennali) richiesti dalla legge n. 193 del 2023 e quelli previsti nei successivi decreti attuativi della medesima legge con i quali sono indicati, per specifiche patologie oncologiche, termini inferiori di guarigione.
Il certificato di oblio oncologico deve essere redatto usando il previsto modello e deve contenere l’indicazione del nome, del cognome, del luogo e della data di nascita, del codice fiscale e della residenza dell’interessato, senza ulteriori informazioni relative alla tipologia di patologia sofferta o ai trattamenti clinici effettuati.
Il rilascio della certificazione non comporta oneri a carico del richiedente (art. 5, comma 1, Legge n. 193/2023).
Per quanto tempo il titolare del trattamento deve conservare l’istanza e la certificazione di oblio oncologico?
L’istanza di oblio oncologico deve essere conservata per dieci anni dalla presentazione della stessa, mentre la certificazione per dieci anni dalla ricezione. Pertanto, una volta decorso tale termine, il titolare deve procedere alla cancellazione della predetta documentazione.
Chi garantisce il rispetto del diritto all’oblio oncologico?
L’art. 5, comma 4 della legge 7 dicembre 2023, n. 193 stabilisce che il soggetto incaricato della vigilanza sull’applicazione delle norme in materia di oblio oncologico è il Garante per la protezione dei dati personali. Questo vale sia per i trattamenti effettuati da soggetti pubblici sia per quelli effettuati da soggetti privati. Inoltre, l’Autorità è chiamata a svolgere anche un ruolo proattivo di sensibilizzazione e informazione; ciò specialmente in relazione alla particolare delicatezza del tema e alle ricadute che determina su un’ampia platea di interessati.
Il datore di lavoro può chiedere, sia in fase selettiva sia in costanza di rapporto di lavoro, informazioni su un’eventuale pregressa patologia oncologica del lavoratore?
NO. In base alle disposizioni sull’oblio oncologico il datore di lavoro, nella fase preassuntiva, qualora sia previsto l’accertamento di requisiti psico-fisici o concernenti lo stato di salute dei candidati, non può richiedere dati concernenti patologie oncologiche da cui gli interessati siano stati precedentemente affetti e il cui trattamento attivo si sia concluso, senza episodi di recidiva, da più di dieci anni alla data di richiesta. Tale periodo è ridotto della metà, ovvero cinque anni, ove la patologia sia insorta prima del compimento del ventunesimo anno di età dell’interessato (art. 4 comma 1 della l. 7 dicembre 2023, n. 193).
In ogni caso, sia nella fase preassuntiva che nella fase successiva all’instaurazione del rapporto di lavoro, resta salvo il rispetto delle norme nazionali più specifiche (art. 88 e cons. 155 del Regolamento) e, in particolare, delle disposizioni che vietano al datore di lavoro di acquisire, anche a mezzo di terzi, e trattare informazioni su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore (cfr. art. 113 del Codice[3], che richiama l’art. 8 della l. 20 maggio 1970, n. 300[4] e l’art. 10 del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276[5]).
Ciò comporta, quindi, che in tale contesto il datore di lavoro di regola non può conoscere le specifiche patologie sofferte dall’interessato sia in precedenza che in costanza di rapporto di lavoro. In tale quadro e in coerenza con le disposizioni vigenti in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, il medico competente è, per legge, l’unico legittimato a trattare in piena autonomia e competenza tecnica i dati personali di natura sanitaria indispensabili per tutelare la salute e la sicurezza dei luoghi di lavoro, non potendo informazioni relative alla diagnosi o all’anamnesi del lavoratore essere in alcun modo trattate dal datore di lavoro (d.lgs.9 aprile 2008 n. 81, spec. art. 41; documento di indirizzo del 13 maggio 2021 “Protezione dei dati – Il ruolo del medico competente in materia di sicurezza sul luogo di lavoro, anche con riferimento al contesto emergenziale”, doc. web n. 9585367).
Come documentare, in generale, le assenze dal servizio effettuate dal lavoratore per motivi di salute legati anche alle patologie oncologiche pregresse o in atto?
In generale, nella ordinaria gestione del rapporto con il dipendente, il datore di lavoro è legittimato ad acquisire documentazione relativa all’effettuazione di visite mediche, prestazioni specialistiche o accertamenti clinici, quando il dipendente richiede di usufruire di permessi per le assenze dal servizio correlate a tali esigenze o quando chieda il riconoscimento di benefici di legge legati a particolari condizioni di salute degli interessati (tra i quali, anche familiari e conviventi del lavoratore)
Tale documentazione, che il dipendente, in base alla legge e nei casi previsti dalla contrattazione collettiva di settore, è tenuto a produrre, non deve comunque recare informazioni diagnostiche, né la specifica prestazione sanitaria effettuata o altri dettagli da cui sia possibile risalire alla patologia sofferta (ad esempio, lo specifico reparto della struttura sanitaria che ha erogato la prestazione, la specializzazione del medico, la terapia farmacologia etc.). In tale quadro, pertanto, il datore di lavoro, ai fini della giustificazione dell’assenza dal servizio del lavoratore per l’effettuazione di una qualunque prestazione specialistica (anche relativa a eventuali patologie oncologiche), è legittimato all’acquisizione del documento che attesta la sottoposizione a una prestazione sanitaria specialistica senza l’indicazione o riferimenti a informazioni da cui sia possibile risalire al tipo di prestazione sanitaria ricevuta e/o alla patologia sofferta. Resta salvo che, ove dalla documentazione prodotta dal dipendente tali dettagli informativi risultino presenti, il datore di lavoro, salva la conservazione del documento in base agli obblighi di legge, dovrà astenersi dall’utilizzare tali informazioni per altre finalità, nel rispetto dei principi di protezione dei dati (art. 2-decies del C
[1] Sono, altresì, documenti di interesse i seguenti:
– Parere sullo schema di decreto del Ministro della salute attuativo dell’art. 5, comma 1, della legge 7 dicembre 2023, n. 193 recante “Disposizioni per la prevenzione delle discriminazioni e la tutela dei diritti delle persone che sono affette da malattie oncologiche” e sui relativi allegati – 20 giugno 2024 – Provvedimento n. 367 del 20 giugno 2024.
– Garante Protezione Dati Personali – Oblio oncologico – vademecum 2024.pdf Link: https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/10044898
[2] Art. 4 Accesso alle procedure concorsuali e selettive, al lavoro e alla formazione professionale
1. Ai fini. dell’accesso alle procedure concorsuali e selettive, pubbliche e private, quando nel loro ambito sia previsto l’accertamento di requisiti psico-fisici o concernenti lo stato di salute dei candidati, è fatto divieto di richiedere informazioni relative allo stato di salute dei candidati medesimi concernenti patologie oncologiche da cui essi siano stati precedentemente affetti e il cui trattamento attivo si sia concluso, senza episodi di recidiva, da più di dieci anni alla data della richiesta. Tale periodo è ridotto della metà nel caso in cui la patologia sia insorta prima del compimento del ventunesimo anno di età.
2. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentite le organizzazioni di pazienti oncologici iscritte nella sezione Reti associative del Registro unico nazionale del Terzo settore ai sensi dell’articolo 41 del codice del Terzo settore di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, o che abbiano la forma giuridica di associazioni di secondo livello iscritte al predetto Registro, possono essere promosse, nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, specifiche politiche attive per assicurare, a ogni persona che sia stata affetta da una patologia oncologica, eguaglianza di opportunità nell’inserimento e nella permanenza nel lavoro, nella fruizione dei relativi servizi e nella riqualificazione dei percorsi di carriera e retributivi.
[3] Capo II – Trattamento di dati riguardanti i prestatori di lavoro
Art. 113 Raccolta di dati e pertinenza
1. Resta fermo quanto disposto dall’articolo 8 della legge 20 maggio 1970, n.300 nonché dall’articolo 10 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.
[4] Art. 8 (Divieto di indagini sulle opinioni)
È fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell’assunzione, come nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore.
[5] Art. 10 Divieto di indagini sulle opinioni e trattamenti discriminatori
1. È fatto divieto alle agenzie per il lavoro e agli altri soggetti pubblici e privati autorizzati o accreditati di effettuare qualsivoglia indagine o comunque trattamento di dati ovvero di preselezione di lavoratori, anche con il loro consenso, in base alle convinzioni personali, alla affiliazione sindacale o politica, al credo religioso, al sesso, all’orientamento sessuale, allo stato matrimoniale o di famiglia o di gravidanza, alla età, all’handicap, alla razza, all’origine etnica, al colore, alla ascendenza, all’origine nazionale, al gruppo linguistico, allo stato di salute nonché ad eventuali controversie con i precedenti datori di lavoro, a meno che non si tratti di caratteristiche che incidono sulle modalità di svolgimento della attività lavorativa o che costituiscono un requisito essenziale e determinante ai fini dello svolgimento dell’attività lavorativa. È altresì fatto divieto di trattare dati personali dei lavoratori che non siano strettamente attinenti alle loro attitudini professionali e al loro inserimento lavorativo
2. Le disposizioni di cui al comma 1 non possono in ogni caso impedire ai soggetti di cui al medesimo comma 1 di fornire specifici servizi o azioni mirate per assistere le categorie di lavoratori svantaggiati nella ricerca di una occupazione.